School revolution: mamma sei contenta?

Negli ultimi tempi l'istruzione in Italia ha subito una serie di profonde trasformazioni (un percorso che l’attuale Governo ha ereditato e che darà più di un grattacapo). Forse è il momento di fermarci un attimo, fare un'analisi e chiederci: questo sistema funziona bene?

Pur riconoscendo il valore dell'evoluzione del sistema educativo, è essenziale esaminare attentamente i cambiamenti nei metodi educativi e le relative implicazioni. Andiamo per gradi.

La scomparsa dei voti

Una delle tendenze più evidenti è la scomparsa graduale dei tradizionali "voti" a favore di un sistema basato su "valutazioni". Con il sistema attuale, quando nostro figlio va alla scuola primaria (elementari) sulla pagella finiranno queste valutazioni messe a punto dal Miur:

Avanzato: l’alunno porta a termine compiti in situazioni note e non note, mobilitando una varietà di risorse sia fornite dal docente, sia reperite altrove, in modo autonomo e con continuità.

Intermedio: l’alunno porta a termine compiti in situazioni note in modo autonomo e continuo; risolve compiti in situazioni non note, utilizzando le risorse fornite dal docente o reperite altrove, anche se in modo discontinuo e non del tutto autonomo.

Base: l’alunno porta a termine compiti solo in situazioni note e utilizzando le risorse fornite dal docente, sia in modo autonomo ma discontinuo, sia in modo non autonomo, ma con continuità.

In via di prima acquisizione: l’alunno porta a termine compiti solo in situazioni note e unicamente con il supporto del docente e di risorse fornite appositamente.ridurre la competizione tra gli studenti, ha sollevato preoccupazioni riguardo alla mancanza di un feedback accurato sulle prestazioni individuali.

Ci hai capito qualcosa? Ti sai orientare? Parafrasando con l’antico metodo valutativo, possiamo azzardare che “Avanzato” è un valore che si perde nella scala variopinta degli ex eccellente(10), distinto (9), buono (8), discreto (7). Nella valutazione “intermedio” finiscono più che sufficiente e sufficiente. “In via di prima acquisizione” spazza via la differenza tra insufficiente e scarso, ed è una espressione talmente generica e, passami il termine, “buonista” che il genitore spesso non riesce a rendersi conto della reale e drammatica situazione.

Il sistema basato sulle valutazioni vuole essere più inclusivo, valorizzante per il processo di apprendimento, riflessivo sulla crescita individuale, piuttosto che stimolare la competizione tra studenti (che è da scongiurare perché creerebbe un ambiente stressante). Quando ero piccola io e prendevo un brutto voto, me ne vergognavo. Questo indubbiamente mi procurava un po’ di stress. Ma mi faceva male? Ricordo che la volta successiva ero più motivata a fare bene perché non volevo sfigurare davanti alle mie amichette. Anche se oggi il confronto viene meno, chi ritiene sia giusto non stimolarlo in questa fascia d’età potrebbe non avere tutti i torti. Tuttavia rimane il problema di un sistema di valutazione che in molti trovano enigmatico e fuorviante.

Quando l’alunno arriva alla scuola secondaria di primo grado (medie) si troverà improvvisamente a confrontarsi con voti espressi in decimi e, riportando esattamente quanto stabilito dal Miur sul suo sito,

l’ammissione alla classe successiva o all'esame di Stato, è deliberata a maggioranza dal consiglio di classe, anche nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento, dunque anche in caso di attribuzione di voti inferiori a sei decimi. La valutazione del comportamento viene declinata in positivo, prevedendo un richiamo diretto allo sviluppo delle competenze di cittadinanza superando il voto in condotta ed introducendo nella scuola secondaria di primo grado la valutazione attraverso un giudizio sintetico.

Alle medie dunque si passa anche con una media sotto il 6 e il “peso” della condotta viene ridimensionato. Dunque la scuola oggi vuole insegnare che studiare non è poi così importante, idem anche comportarsi in modo civile? La mia è ovviamente una provocazione, ma leggendo la cronaca giornalistica che racconta cosa accade nelle aule delle scuole secondarie di secondo grado (superiori), si capisce bene che il messaggio ricevuto da un sempre più alto numero di studenti è proprio questo.

Tornando alla scuola di primo grado, a molti sembra che questo sistema di valutazione sia studiato per andare incontro agli studenti che presentano più difficoltà, per sostenerli, non farli sentire emarginati dal sistema scolastico e farli progredire nello studio nonostante condizioni sfavorevoli. Il che è lodevole, ma rischiamo di declassare i meritevoli, cioè le menti più brillanti che potrebbero non trovare terreno fertile per sentirsi stimolati. Una volta per gioco ho chiesto ad un bambino di quinta: “Chi è il più bravo della tua classe?” e non mi ha saputo rispondere. Allora ho iniziato a chiederlo a tutti i bambini con cui venivo in contatto. Quasi nessuno sapeva rispondere, a parte qualche bontempone che diceva “io!”, ma gli occhi dei genitori sgranavano. Allora mi chiedo se sia davvero giusto educare i nostri figli a pensare che l’eccellenza non sia un valore positivo. Questo è un sistema che, in definitiva, omologa e sminuisce.

E poi, non hai anche l’impressione che l’attuale sistema di valutazione sia ambiguo e mancante di oggettività? Una descrizione qualitativa della performance può variare da insegnante a insegnante. Un sistema di voti basato sui numeri ci trasferisce invece una maggiore standardizzazione e quindi maggiore oggettività.

Ma non è tutto. I problemi della scuola italiana erano noti fuori confine già 10 anni fa, tanto che Save the children puntò il dito contro di noi evidenziando carenza di fondi, spazi non sempre adeguati, materiali didattici insufficienti, un forte precariato dei docenti che non consente continuità.

Cosa è stato fatto in questo decennio? Si è pensato esclusivamente a complicare la formazione dei nuovi insegnanti aumentando così il precariato. Meno male che alle scuole un po’ di soldi stanno arrivando grazie al Pnrr. Ma basteranno per ammodernare anche le tante strutture scolastiche, quasi fatiscenti?

La questione dell'indisciplina

Tornando alla cronaca, ci ricordiamo quella dello scorso anno scolastico, vero? Piena zeppa di eventi accaduti nelle classi ad opera di studenti davvero poco disciplinati delle scuole superiori. In passato per mantenere l'ordine in classe si ricorreva alle punizioni ad personam: compiti in più da fare a casa, una nota e, nei casi più gravi, un rapporto o addirittura la sospensione. Oggi si promuove una maggiore tolleranza e comprensione per il comportamento degli studenti. Ho sentito diversi professori di scuola media e superiore dichiararsi senza strumenti. Già, perché oggi non si può più punire il singolo studente, e neanche premiarlo! Punizioni e premi vanno elargiti a tutta la classe, nessuno escluso. A mio avviso da una parte si sminuisce il valore di un premio, dall’altra si alimentano sentimenti di rancore e avversione. Ma non sono nessuno, e nessuno mi ascolterà. Vorrei fare un’ulteriore riflessione. Pensiamo a questi ragazzi che escono dalle superiori. A scuola sono stati abituati ad un sistema che non riconosce l’eccellenza, che non dà rilevanza al rispetto delle regole. Che cittadini saranno? Come riusciranno ad inserirsi in un mondo del lavoro altamente competitivo e feroce? E’ proprio il caso di rifletterci.

L'allargamento del curriculum

Il monte ore scolastiche è aumentato e nuove materie come la tecnologia sono state introdotte fin dalla scuola primaria. Questa espansione mira a preparare gli studenti per le sfide del mondo moderno, ma dobbiamo chiederci se non stiamo sacrificando la profondità dell'apprendimento a favore della vastità del curriculum.

Siamo davvero sicuri che aumentare il tempo scuola dei nostri ragazzi sia positivo per loro? Un tempo entravamo alle 8 e alle 13 uscivamo. Oggi si esce più tardi, uno o due pomeriggi si rientra. E il monte dei compiti a casa è lievitato perché ci sono più materie. I nostri ragazzi escono da scuola e passano le poche ore rimanenti a casa a fare i compiti. Chi pratica sport lo fa con sacrificio, ricorrendo al dopo cena per terminare lo studio e togliendo ore al sonno. Ricordiamoci che, come è importante avere un’educazione scolastica, è altrettanto fondamentale la socializzazione, che non può essere certo demandata esclusivamente alla scuola. Per non parlare dei compiti. Conosco madri di ragazzi/e studenti delle scuole medie che passano ore giornaliere a studiare insieme ai figli, a fare con loro mappe concettuali perché il monte delle pagine date per casa sono veramente tante e sbrigarsela da solo/a a volte non si può. Noi facevamo tutto da soli ma, siamo onesti, il carico non era lo stesso.

Poi non ci scandalizziamo se gli studenti proprio non riescono ad amare (e rispettare) la scuola!

La formazione degli insegnanti

Qui dobbiamo posare la famigerata ciliegina sulla nostra torta. Gli insegnanti sono travolti da costanti novità ma di pari passo non si offrono loro strumenti adeguati. Tanto per iniziare la continuità, cioè la garanzia di seguire una classe dalla prima fino a fine percorso (cosa che si ritorce molto sugli alunni). Perché? Semplice: perché in Italia migliaia di docenti sono precari (e i contratti sono annuali). Non per loro scelta, ma perché entrare di ruolo è un vero calvario. Prendiamo l’infanzia e la primaria. Oggi per diventare insegnante e guadagnare il tuo stipendio devi superare 5 anni di percorso universitario specifico (che non trovi disponibile ovunque e comunque costoso) per raggiungere 60 crediti formativi e l’abilitazione, vincere un concorso che, quando c’è, è una manna, attendere che ti assegnino una sede che potrebbe anche essere parecchio distante dalla tua residenza, nonostante ci siano scuole sparse dietro ogni angolo di casa tua che ricorrono costantemente a supplenze annuali. Già, perché una volta vinto il famigerato concorso, possono mandarti ovunque all’interno della tua regione. Tu puoi dare la tua preferenza, ma il sistema deciderà per te. E se hai già famiglia con figli, ci pensi due volte.

Poi ci sono tante persone che avevano già dei crediti formativi, ma non 60 perché hanno fatto percorsi di studi differenti. Per loro c’è un altro calvario: pagarsi un corso di studi “sostitutivo” e costoso (ma nel frattempo devi continuare a lavorare, un po’ per soldi un po’ perché perderesti punteggio) per raggiungere i cf necessari per accedere al concorso, che se vinci poi resti in prova per un anno, fai un ulteriore esame e poi, finalmente, ti viene convalidato il ruolo nelle stessa modalità di cui sopra (distante dalla tua residenza nonostante ci siano scuole sparse dietro ogni angolo di casa tua che ricorrono periodicamente a supplenze annuali). Comunque anche su questo ultimo punto (l’abilitazione degli aspiranti docenti che non hanno tutti i 60 cf) negli ultimi anni la normativa sta riservando costanti e complicate novità.

Tutto questo per dire che è molto meno costoso e gravoso farsi un corso in amministrazione e partecipare ad un concorso in una qualsiasi struttura. Per diventare insegnante oggi occorre tanta, ma tanta, passione.

E non pensare neanche un secondo “ma tanto sono dei privilegiati perché lavorano mezza giornata”. Prova a parlare con qualche insegnante: ti farà un bel riassunto di cosa significhi insegnare oggi nella scuola italiana. A partire dalle classi pollaio piene di BES e DHD (certificati e non) senza sostegno (perché spetta solo agli alunni con L.104) che non puoi lasciare indietro! Ognuno con il suo livello, ognuno con le sue differenti necessità scolastiche a cui rispondere. Poi la storia che lavorano mezza giornata appartiene ad un passato lontano: oggi ci sono i rientri pomeridiani, i progetti, le riunioni e il lavoro che va svolto a casa (correzione dei compiti sì, ma anche la preparazione del materiale collettivo più quello adattato ad personam per ciascun alunno con difficoltà). Parliamo degli stipendi che sono più bassi della media europea? Si tratta di percentuali diverse a seconda del grado (e intanto un insegnante italiano riceve a fine mese meno della metà di un suo collega tedesco). C’è da dire che sono in corso operazioni di adeguamento dello stipendio, e ci auguriamo che presto il gap sia colmato.



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