Femminino e felino: due storie simbiotiche

Non c’è da stupirsi se noi donne sentiamo un feeling particolare con questi animali, e loro con noi. Il tono della nostra voce, basso e suadente, è più congeniale alle frequenze dell’apparato uditivo felino. Noi ci accucciamo alla loro altezza, risultando così meno minacciose e autoritarie. Loro d’altronde hanno imparato (studi dell’Università di Vienna) ad imitare le tecniche dei neonati per attirare attenzione e coccole. Inoltre, generalmente, all’interno della famiglia è la donna la figura legata al nutrimento… E li accarezziamo con la delicatezza che a loro piace tanto.

Ma quello su cui non abbiamo riflettuto è che il gatto, a causa di questa affinità col genere femminile, suo malgrado ha dovuto condividere con noi donne i soprusi e le persecuzioni che la storia ci ha riservato.

Sono circa 12 mila anni che il gatto ha accettato di unire la sua storia a quella umana, cioè dai primi sviluppi della civiltà nella Mezzaluna Fertile. Lo sappiamo già, l’avvicinamento tra gatti e uomo iniziò con tutta probabilità quando i mici selvatici iniziarono a cacciare i roditori e altri parassiti che banchettavano con i cereali raccolti dai nostri antenati neolitici, che per questo furono ben felici di iniziare un proficuo sodalizio con questi nuovi amici a quattro zampe.

Ma fu con la civiltà egizia che i gatti rinacquero a nuova vita: curati e adorati, divennero addirittura considerate creature sacre. La Dea Bastet fu raffigurata con le sembianze di un gatto e ad esso associata. Da qui iniziò una forte correlazione tra femminino e felino. Tra gli antichi egizi il culto felino era così sentito che quando il proprio gatto moriva, il padrone usava radersi le sopracciglia in segno di lutto per l'animale (Erodoto, Storie - libro II, paragrafi 66-67). Gli egizi addirittura praticavano l’imbalsamazione anche su queste creature, pratica di cui rimane ampia traccia. Fu proprio nell’antica civiltà egizia che iniziò la vera e propria addomesticazione del gatto, anche se i mici dell’epoca non erano ancora quelli di oggi perché mantenevano caratteristiche selvatiche (che tuttavia non impedivano loro di gradire il contatto con l’essere umano). A quei tempi erano presenti almeno due forme selvatiche: il gatto della giungla (Felis chaus) e il gatto selvatico africano (Felis silvestris lybica).

Statuta della Dea Bastet - Museo Egizio di Torino

I gatti erano così utili che furono portati in Europa già dal 4400 a.c.: si diffusero mentre i marinai e altri “haters” dei roditori se li portavano in giro per il mondo antico.

Nell'antica Grecia il gatto non raggiunse lo stesso status divino che aveva in Egitto, ma fu comunque apprezzato. I Greci riconoscevano il valore del gatto nella lotta ai topi e ai parassiti ma gli preferivano altri animali. L’antica Roma invece, che ebbe profondi rapporti con l’Egitto, subì molto il fascino felino, ma (almeno all’inizio) preferivano affidare il controllo dei topi (forse per tradizione) ad altri animali come la donnola, la faina e la martora. Nel I sec. d.c. però furono introdotte leggi severe per tutelare i gatti e la loro utilità nel tenere sotto controllo i roditori. Segno che seppero farsi apprezzare, tant’è che entrarono anche come animali domestici nelle case (come ci suggeriscono i mosaici delle abitazioni patrizie). Non ci volle molto per entrare in odore di divino anche a Roma: la Dea Diana, associata alla luna, alla femminilità e alla magia, era legata alla figura del gatto a cui avrebbe concesso poteri magici. E quando i romani importarono il culto della Dea Basket, ecco che nei templi di Iside scorrazzavano liberi i nostri mici, ben rimpinzati dalle offerte di cibo dei fedeli. Le matrone in particolare cedettero al fascino felino e, imitando gli usi egizi, creavano loro dei corredini: collarini preziosi, nastri di seta, anelli d’oro da mettere al naso o alle orecchie, pettorine ricamate. Ben presto il micio si fece amare anche dalle classi meno agiate e si diffuse ampiamente in tutta Europa.

Ma nel Medioevo tutto questo finì e iniziarono (per tutti ma anche per il gatto) i tempi bui. Associato all’occulto, alle streghe e al diavolo, sotto la Chiesa medievale cadde gravemente in disgrazia. Sorte che toccò anche alla donna, che non solo divenne potenziale tramite del diavolo, ma cadde assoggettata alla volontà del padre che poteva venderla. Le più agiate, che vivevano alla corte del re o nel feudo, non godevano di uno status migliore: erano oggetto di stupri, violenze e le spose dei nobili dovevano fornire un erede maschio, pena l’estradizione o la morte.

Miniatura da manoscritto tardo medievale (Francia 1430-1440 d.C.). L’opera raffigura cacciatori ed i loro cani che attaccano un gatto selvatico ferito aggrappato ad un albero. Getty Museum

Durante il Medioevo, considerato animale demoniaco (anche perché adorato dai vecchi culti pagani), fu torturato e ucciso. L'associazione del gatto con il femminile, ereditata dall'Egitto, e la visione negativa delle donne nell'Alto Medioevo, contribuirono ulteriormente alla cattiva reputazione del gatto. Tanto che fu perseguitato al pari delle streghe e il prendersi cura di uno o più gatti neri era motivo sufficiente per finire sul rogo.

Idolo del gatto al Sabba delle streghe (Martin le Franc, Le Champion des Dames, fine del XV sec. Bibliothèque municipale de Grenoble, MS 875, fol. 346v). Da: Bobis, Die Katze, 184

Intorno al 1180 lo scrittore britannico Walter Map sostenne che durante i riti satanici "il diavolo scende come un gatto nero davanti ai suoi devoti. Gli adoratori spengono la luce e si avvicinano al luogo dove hanno visto il loro maestro. Lo cercano nel buio e quando lo hanno trovato lo baciano sotto la coda". Era questo l’immaginario comune all’epoca dalla nostre parti. Ma fortunatamente i gatti continuarono a godere di apprezzamento nelle città del Medio Oriente, dove esistevano addirittura associazioni di beneficenza per la cura dei gatti di strada.

Il povero micio finì anche per essere associato agli eretici. In un articolo della storica Irina Metzler troviamo come la natura indipendente dei gatti fosse fonte di ansia da parte degli uomini. I medievali generalmente credevano che gli animali fossero stati creati da Dio per servire ed essere governati dagli esseri umani, ma il gatto sfuggiva all’addestramento e quindi non era percepito come leale e obbediente, come non lo erano stati gli eretici.

Insomma, tanta fu la cattiva reputazione del gatto che Papa Gregorio IX nel 1232 emise la bolla “Vox in Rama”, con cui avrebbe autorizzato lo sterminio dei gatti, in particolare quelli neri, considerati appunto creature diaboliche. Ma, è importante precisarlo, non ci è giunta alcuna fonte cerca che ciò sia accaduto veramente.

Poi arrivò il 1326 e la bolla “Super illius specula” di Papa Giovanni XXII che conferì validità universale alla lotta contro la stregoneria. L'Inquisizione si occupò di perseguire i presunti stregoni e streghe, accusati di aver stretto un patto con il diavolo e di praticare la magia nera. Il fenomeno dei processi alle streghe si protrasse per cinque secoli, attraversando tutta l'Europa e arrivando fino in America. Una furia cieca che voleva eliminare il principio femminile e il ruolo che la donna esercitava sui valori naturali di conservazione, protezione, aiuto, forza e potere, che rappresentavano una minaccia al dominio maschile. Fu l’apice della misoginia.

Sappiamo bene che le streghe, dopo un processo falsa, venivano torturate e uccise. Bruciate o annegate soprattutto, ma non da sole: gli inquisitori mettevano a morte anche i loro gatti, crudeltà dentro crudeltà.

A Triora, un paese in provincia di Imperia noto per essere stato sede di diversi processi alle streghe, nel 2019 è stata eretta una statua in onore di tutti i gatti torturati e uccisi dall’Inquisizione insieme alle loro padrone.

Fonte: Ansa.it

Neanche con i gravi episodi di peste che sferzarono le popolazioni dal 1233 al 1348 fecero cambiare idea sull’utilità dei gatti, che continuarono ad essere diffamati e uccisi.

La Riforma protestante, finalmente, segnò un cambiamento liberando le persone dalle restrizioni della Chiesa e permettendo una maggiore libertà di pensiero. La Controriforma del resto allentò la stretta della Chiesa cattolica che accolse alcune misure di rinnovamento. Tant’è che anche il gatto ne beneficiò, e lo si nota dal fatto che fu introdotto in rappresentazioni sacre come l'“Annunciazione” o la “Sacra Famiglia”.

La donna e il gatto non erano ancora del tutto al sicuro (la cupa visione medievale trovò delle sacche di sopravvivenza fino al 1700, periodo a cui risalgono gli ultimi episodi di caccia alle streghe), ma il potere della Chiesa sulla vita delle persone era ormai spezzato, ed era possibile mettere in discussione le sue opinioni.

La società basata soprattutto sull’economia agricola e su una vita intellettuale e culturale ispirata al pensiero religioso si stava sgretolando per lasciare spazio alle istituzioni politiche centrali e ad un’economia commerciale di tipo urbano.

L’Illuminismo, che andava controcorrente alle superstizioni e all’ignoranza, incoraggiò il ritorno del gatto al focolare domestico. Le donne erano sì ancora considerate inferiori agli uomini e non avevano gli stessi diritti e opportunità, ma in questo contesto in fermento trovarono uno spazio per esprimersi e partecipare alla vita culturale attraverso i salotti. Le salonnières erano spesso donne colte e intelligenti che avevano una grande influenza sui loro ospiti. Erano in grado di attirare i migliori intellettuali dell'epoca e di creare un ambiente stimolante in cui le idee potevano circolare liberamente.

La decifrazione della Stele di Rosetta nel 1822 aprì la porta alla comprensione della cultura egiziana antica. In precedenza, i geroglifici erano considerati un mistero, ma ora si potevano leggere e capire. Questo portò a un rinnovato interesse per l'Egitto, in particolare per il suo amore per i gatti. La regina Vittoria d'Inghilterra era una grande ammiratrice della cultura egiziana e possedeva due gatti persiani blu. Il suo interesse per questi felini era ben noto e contribuì alla loro popolarità in Europa e in America.

La visione medievale del gatto come strumento di Satana fu sostituita definitivamente da quella del felino come amico e amato membro di famiglia verso la fine del XIX secolo. Scrittori come Mark Twain contribuirono a diffondere il messaggio della gioia di avere un gatto come compagno. In questo modo, la percezione dei gatti passò dalla demonizzazione medievale alla riabilitazione e all'apprezzamento come amabili animali domestici. Nello stesso periodo iniziarono ad emergere forti figure femminili che si battevano per i diritti delle donne: la rivoluzione industriale aveva ormai conquistato il terreno, le donne lavoravano, studiavano ed erano più indipendenti ma la società rimaneva patriarcale e maschilista. C’erano dei diritti da conquistare…

Fonti:

Serpell, "Domestication and History of the Cat"

Nicholas Wade, “Study Traces Cat’s Ancestry to Middle East”, The New York Times 2007

Mohamed I. Bakr, Helmut Brandl “Bubastis and the Temple of Bastet“

Antonella Scaramuzzino, “Gatti e romani: dall’Impero a Romeo - breve storia del gatto capitolino”

Fritz Graf, “La magia del mondo antico”

Wise Bauer, “The History of the Medieval World”

Jean Claude Schmitt, “Medioevo superstizioso”

Giovanni G. Bellani, “La storia del gatto” Focus.it


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