Quando parli e qualcuno t’interrompe. Argh!

Quella fastidiosa abitudine di chi s’intromette nel tuo eloquio: maleducazione o qualcosa di più?

Hai mai incontrato quella persona che interrompe sempre mentre qualcuno parla? Che odiosa abitudine!

È come una nota stonata in un'armonia che si stava formando, una pausa forzata in un racconto che si stava dipanando. L'interruzione interrompe il flusso naturale delle parole e spezza il ritmo della conversazione, lasciando l'interlocutore frustrato.

E ti chiedi: ma perché? E’ la mancanza di cortesia e rispetto? E’ la brama di imporsi con le proprie idee In ogni caso, è un atteggiamento che richiede una riflessione su come siamo disposti ad ascoltare gli altri.

In un mondo dominato dalla velocità e dall'individualismo, l'ascolto attento e rispettoso è diventato un'arte rara. Mentre siamo immersi nei nostri monologhi interiori, c'è il rischio di ignorare le voci degli altri e di interrompere senza pensarci due volte.

Ma fermiamoci un momento e cerchiamo di capire. Forse, dietro l'interruzione, c'è una profonda insicurezza che impedisce di lasciar parlare gli altri. Forse è una paura di essere superati, di non riuscire a far valere le proprie opinioni. O forse è semplicemente una mancanza di consapevolezza sul valore dell'ascolto reciproco.

Ma quali sono le ragioni profonde di questo fastidioso comportamento?

E’ un bias cognitivo, un fenomeno complesso che deriva da errori sistematici della nostra mente. Questi bias sono processi automatici e involontari che influenzano il modo in cui percepiamo, elaboriamo e reagiamo alle informazioni. In breve è un errore di pensiero che influisce sulla nostra capacità di valutare le informazioni in modo obiettivo. Funziona come un filtro mentale che distorce il nostro modo di ragionare, basandoci su preconcetti o esperienze passate. È un meccanismo automatico ed inconscio che semplifica il processo decisionale, e può portare a giudizi distorti. Un esempio comune è il "bias di conferma", in cui cerchiamo e ricordiamo selettivamente informazioni che supportano le nostre opinioni preesistenti, ignorando quelle che le contraddicono. Questo può portarci a prendere decisioni basate su una visione parziale dei fatti.

Durante una discussione, quando siamo l'ascoltatore, la nostra mente è costantemente impegnata nel processo di percezione e interpretazione delle parole dell'oratore. Ogni concetto che viene trasmesso scatena una serie di pensieri e associazioni nella nostra mente, guidando la nostra comprensione e creando una trama mentale plausibile. Questa trama anticipa la direzione del ragionamento dell'oratore, portandoci a formulare conclusioni in anticipo.

È proprio in questo momento, quando crediamo di aver compreso il pensiero dell'oratore, che si manifesta il bisogno irrefrenabile di interrompere. La nostra mente, essendo già arrivata a una conclusione plausibile, non vede motivo di continuare ad ascoltare e si manifesta l'impulso di esprimere la nostra opinione. Tuttavia, non sempre la nostra conclusione è corretta, e questo può portare a fraintendimenti e frustrazione nella comunicazione.

Da un punto di vista evolutivo, questo tipo di comportamento può essere spiegato come una forma di competizione. L'essere umano è biologicamente predisposto a primeggiare sugli altri per garantire la sopravvivenza e la riproduzione. Questo desiderio di prevalere può influenzare la nostra tendenza a interrompere e a far valere la nostra opinione.

E se questo bias cognitivo ce l’abbiamo noi, cosa dobbiamo fare?

Per gestirlo è importante sviluppare una maggiore consapevolezza di noi stessi e delle nostre reazioni durante una conversazione. Dobbiamo riconoscere che le conclusioni plausibili che formuliamo potrebbero non essere corrette e imparare a dare spazio all'oratore per esprimere completamente il proprio pensiero. Attraverso la pratica della pazienza e dell'ascolto attivo, possiamo superare il desiderio di interrompere e favorire una comunicazione più efficace e rispettosa. Insomma, occorre mordersi la lingua! E se proprio non ce la facciamo, c’è lo psicoterapeuta…

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